Mettere insieme elementi catalogabili in diverse discipline significa mettere in evidenza che la vita, così come l’arte, si compone di frammenti.
Lo scandaglio mescolato accompagna la produzione di Vittoriana Rutigliano diventando specchio inequivocabile della sua straordinaria adattabilità versatile: pezzo di carta di giornale ritagliato con rigore e geometria, simbolo di una multinazionale, pagina di spartito di Mozart diventano strumento che s’interseca, crea un nuovo messaggio mantenendo una forte identità con fine di fare di ogni opera un altare pagano ricco di echi. L’artista crea un ponte tra ambiente commerciale circostante e opera inglobando una sensibilità propria e biografica.
Ritagliare la vita reale assume il valore simbolico secondo il quale l’opera non si genera più dal suo interno, bensì inizia a comporsi di storie dell’ogni giorno. Prelievi del reale diretti da una regia maniacale capace di catturare attraverso una ricerca ossessiva sia il rumore della frattura del messaggio che la cadenza e la ritmicità del trascorrere del tempo.
La tecnica della Rutigliano può intendersi come lo sfogo di una malattia infantile, che contrasti e che combatta le classiche forme pittoriche e scultoree; ma la strutturale grammatica delle composizioni lascia intendere che non si tratti di una pratica occasionale, ma altresì di uno studio sistematico.
Dalle opere di matrice pseudo-futirista giunge un impatto dedito ad annientare i principi aristotelici di spazio e tempo, risultato ottenibile per mezzo dell’annientazione della superficie sulla quale si sovrappone la fonè cartacea incarnata dagli spartiti, insieme con parole e suoni sui fogli della letteratura stampata.
Le opere di Vittoriana Rutigliano sono ricche di contingenti riferimenti dadaistici, e nello specifico palesi richiami all’opera Marquis de Sade di Erwin Blumenfeld (1921) le cui analogie contenutistiche e, quindi, interpretative concedono un netto taglio cronologico al secolo che intercorre tra i due artisti.
Delliturri Sabrina